29/02/2012

Beh, per quanti sforzi si possano fare non è facile trovare tra le pagine dei quotidiani regionali di questa settimana qualcosa da approfondire, qualcosa che, anche solo di striscio, riesca a catalizzare l’attenzione e l’interesse di chi scrive, ma non solo.
Anche questa settimana, infatti, il mondo politico regionale è riuscito a malapena a balbettare, anche a punzecchiarsi qua e là, in un copione che si ripete, stancamente, ormai da qualche anno.

E’ stata un’altra settimana politica di distinguo, di confronto, anche di scontro tra i partiti ma a dare le carte è stato ancora una volta il governo “tecnico” con il suo presidente, i suoi ministri, le loro scelte e prese di posizione. PDL da una parte e PD dall’altra sono stati visti impegnati soprattutto a marcarsi stretti, in un tatticismo per lo più inconcludente che rende ancor più evidente la loro crisi di strategia e di proposta politica.
Emblematiche e speculari nella loro contraddittorietà, al riguardo, le posizioni del PDL sulle liberalizzazioni e quelle del PD sulla riforma del lavoro che testimoniano lo stato confusionale che ha preso entrambi i partiti ponendo seri interrogativi su un loro futuro ruolo quali architrave del nuovo, agognato bipolarismo italiano.
Un duopolio che pare non voler fare i conti con il vento del cambiamento che, al pari della bora di Trieste, ha ripreso a soffiare, forte, come non si vedeva da anni.

In questo contesto di forte discontinuità, quasi di rottura col ventennio appena trascorso, le esperienze dell’Api, di Fli e dello stesso Terzo polo paiono superate proprio perché presupponevano l’esistenza di due poli, pro e contro Berlusconi. Con la nascita, e soprattutto la forte carica riformatrice, di proposta e decisione del governo Monti, niente sarà più come prima. E non saranno nuove leggi elettorali a fermare lo smottamento dei poli che già si intravvede. Ci sarà, forse, un nuovo bipolarismo ma non ne saranno protagonisti i poli conosciuti fino ad oggi, quelli forgiati dal porcellum per intenderci.
Il 2012 e il 2013 saranno anni durissimi per tutti. Ci saranno ristrutturazioni sociali ed economiche che porteranno difficoltà di tenuta sociale. In una stagione di recessione come questa chi pensa che il governo Monti sia una parentesi per fare il lavoro sporco e che poi tutto possa tornare come prima, pensa una cosa che non esiste.

Dopo le elezioni del 2013 ci sarà ancora un «governo del presidente». Il quadro politico sarà fortemente segnato dall’oggi e poggerà proprio su questa esperienza tecnica. Fino a tre mesi fa i partiti stavano insieme perchè pro o contro Berlusconi ma è impensabile che, tra qualche mese, l’opinione pubblica accetti di tornare indietro.
E in Friuli Venezia Giulia?
Qui, se possibile, la confusione è di gran lunga maggiore. Non c’è stato un superamento degli assetti regionali dove continuano a convivere partiti che, a Roma, sono su fronti contrapposti e si combattono senza esclusione di colpi. Il risultato di questo cortocircuito è, appunto, la paralisi progettuale e operativa che la comunità regionale è costretta a subire. Con gravi danni nel breve ma anche nel medio periodo. Se la maggioranza del 2008 sopravvive a se stessa, tra continui stop end go, i partiti oggi all’opposizione non riescono a trovare un minimo comun denominatore e men che meno indicare una leadership autorevole e credibile, capace di proporre un programma di governo ed una coalizione coesa e coerente.
Se non pare più percorribile, né credibile e utile, una riedizione in fotocopia dell’alleanza PDL-Lega, dicevamo qualche settimana fa che, sul versante del centrosinistra, la foto di Vasto potrebbe tutt’al più essere una soluzione, un espediente per sopravvivere, non la soluzione.
Siamo convinti che l’acritica e comoda riedizione degli attuali schieramenti, rappresentando una non-scelta, sarebbe un grave danno per il Friuli Venezia Giulia.
Se il PDL, per spirito di pura conservazione, si dimostra impermeabile al nuovo che avanza confermando, come uomo per tutte le stagioni, l’indicazione di Tondo, è il PD che è costretto a mettere a nudo le sue incertezze e le sue gravi divisioni interne. Paradossalmente, quanto più profonda è la difficoltà di quel partito, tanto più decisa (e incomprensibile) è la sua propensione a considerare la scelta del candidato come un fatto esclusivamente interno, da decidere con e tra pochi intimi.
La radio regionale ha elencato ieri i quattro possibili candidati di un nuovo centrosinistra: Honsell, Bolzonello, Maran e Moretton (in rigido ordine alfabetico).
Honsell espresso da Rc ed IdV (sorprendentemente tiepida SeL); gli altri tre dal PD.
“Furio Honsell è il candidato che potremmo appoggiare più facilmente” ha detto Rc.
«E’ la figura di maggior garanzia che può offrire il centrosinistra», ha aggiunto di rincalzo l’IdV.

Bolzonello? No, scandisce Rc, perchè non ha mai governato con la sinistra.
Maran o Moretton? Bocche cucite anche se non si odono folle plaudenti.
“O il Pd si muove e annuncia vox populi il suo candidato o saranno primarie anche con un nostro candidato” mette in chiaro l’IdV.
A ben vedere, molta, troppa nebbia anche da questa parte! Siamo appunto molto lontani dall’intravvedere una squadra. Al punto che qualcuno, credo non a torto, comincia a chiedersi se anche il Friuli Venezia Giulia non abbia bisogno di un “professore” in grado di affrontare e risolvere i problemi che continuano a paralizzare la politica.
Ipotesi da non scartare. Persone in grado di rispondere a questo profilo, in regione, non mancano.

Al di là e prima dei nomi, ci permettiamo di richiamare tutti al dovere di una concreta proposta per il governo dell’Autonomia del Friuli Venezia Giulia. I nomi vengono dopo.
Sulle cose da fare e solo su queste il movimento civico è disponibile a partecipare ad un tavolo di confronto. Anzi, lo sollecita. Un tavolo senza pregiudiziali e senza ipoteche di chicchessia.
Con questo orizzonte proponiamo da subito alcuni temi che porteremmo al tavolo (se qualcuno vorrà aprirlo) per il varo di riforme strutturali quanto mai urgenti:
1. il governo dell’Autonomia e, quindi, del sistema delle autonomie locali;
2. il welfare e il mondo del lavoro;
3. la formazione (dalla scuola alla ricerca, dalla cultura all’università);
4. il credito e gli interventi a sostegno delle nostre imprese;
5. lo sviluppo per accompagnare imprese e famiglie nelle strettoie di una crisi economica e finanziaria che non ammette ritardi o indecisioni.

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