BELLOCCHIO–MARTINELLI DUE PESI, DUE MISURE!

Giudico di pessimo gusto e di dubbia legittimità – ha dichiarato Piero Colussi (Cittadini – Libertà Civica) – la scelta voluta dalla maggioranza regionale di concedere un contributo straordinario al regista Renzo Martinelli per la realizzazione del film “Marco d’Aviano – September Eleven 1683”. Un contributo dello stesso importo che si è cercato di negare in tutti i modi – 150 mila euro – al film di Marco Bellocchio “La bella addormentata”. Continua a leggere

FILM COMMISSION:TROVATA IN AULA UNA SOLUZIONE DI COMPROMESSO

In realtà – ha dichiarato Piero Colussi (Cittadini – Libertà Civica) – da questa incredibile vicenda ad uscirne sconfitta è la politica che non ha voluto capire il vero ruolo giocato da questo giovane comparto dell’audiovisivo regionale che è stato capace in pochi anni di costruirsi una credibilità internazionale nel mondo del cinema e della televisione. Continua a leggere

LA MAGGIORANZA HA CANCELLATO IL FONDO REGIONALE DELL’AUDIOVISIVO

Con una procedura che assomiglia ad una esecuzione sommaria oggi la maggioranza regionale – sotto il ricatto di UDC e LEGA – ha cancellato il Fondo Regionale dell’Audiovisivo, strumento di cui si era dotata la Regione con la LR 21/2006 per favorire lo sviluppo e la crescita del settore audiovisivo in Friuli Venezia Giulia. Continua a leggere

NIENTE CULTURA, NIENTE SVILUPPO

Occorre una vera rivoluzione copernicana nel rapporto tra sviluppo e cultura. Da “giacimenti di un passato glorioso”, ora considerati ingombranti beni improduttivi da mantenere, i beni culturali e l’intera sfera della conoscenza devono tornare a essere determinanti per il consolidamento di una sfera pubblica democratica, per la crescita reale e per la rinascita dell’occupazione.

1. Una costituente per la cultura
Cultura e ricerca sono due capisaldi della nostra Carta fondamentale. Le riflessioni programmantiche che proponiamo qui cercano di mettere a punto alcuni elementi «Per una costituente della cultura». L’articolo 9 della Costituzione «promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Sono temi saldamente intrecciati tra loro. Perché ciò sia chiaro, il discorso deve farsi strettamente economico. Niente cultura niente sviluppo. Dove per “cultura” deve intendersi una concezione allargata che implichi educazione, istruzione, ricerca scientifica, conoscenza. E per “sviluppo” non una nozione meramente economicistica, incentrata sull’aumento del Pil, che si è rivelato un indicatore alquanto imperfetto del benessere collettivo e ha indotto, per fare solo un esempio, la commissione mista Cnel-Istat a includere cultura e tutela del paesaggio e dell’ambiente tra i parametri da considerare. La crisi dei mercati e la recessione in corso, se da un lato ci impartiscono una dura lezione sul rapporto tra speculazione finanziaria ed economia reale dall’altro devono indurci a ripensare radicalmente il nostro modello di sviluppo.

2. Strategie di lungo periodo
Se vogliamo davvero ritornare a crescere, se vogliamo ricominciare a costruire un’idea di cultura sopra le macerie che somigliano assai da vicino a quelle da cui è iniziato il risveglio dell’Italia nel secondo dopoguerra dobbiamo pensare a un’ottica di medio-lungo periodo in cui lo sviluppo passi obbligatoriamente per la valorizzazione dei saperi, delle culture, puntando in questo modo sulla capacità di guidare il cambiamento

La cultura e la ricerca innescano l’innovazione, e dunque creano occupazione, producono progresso e sviluppo. La cultura, in una parola, deve tornare al centro dell’azione di governo. Dell’intero Governo, e non di un solo ministero che di solito ne è la Cenerentola. È una condizione per il futuro dei giovani Chi pensa alla crescita senza ricerca, senza cultura, senza innovazione, ipotizza per loro un futuro da consumatori disoccupati, e inasprisce uno scontro generazionale senza vie d’uscita.

Anche la crisi del nostro dopoguerra, a ben vedere, fu affrontata investendo in cultura. Le nostre città, durante quella stagione, sono state protagoniste della crescita, hanno costruito “cittadini”, e il valore sociale condiviso che ne è derivato ha creato una nuova cultura economica.
Ora le sfide paiono meno tangibili rispetto alle macerie del dopoguerra, ma le necessità e la capacità di immaginare e creare il futuro sono ancor più necessarie e non rinviabili. Se oggi quelle stesse città che sono state laboratori viventi sembrano traumatizzate da un senso di inadeguatezza nell’interpretare le nuove sfide, ciò va ascritto a precise responsabilità di governo e a politiche e pratiche decisionali sbagliate Negli ultimi decenni nel nostro paese – a differenza di altri, Francia, Germania, Stati Uniti oltre a economie recentemente “emerse” – è accaduto esattamente l’inverso di ciò che era necessario. Si è affermata la marginalità della cultura, del suo Ministero, e dei Ministeri che se ne occupano (Beni e Attività Culturali e Istruzione, Università e Ricerca) considerati centri di spesa improduttiva, da trattare con tagli trasversali

3. Cooperazione tra i ministeri
Oggi si impone un radicale cambiamento di marcia. Porre la reale funzione di sviluppo della cultura al centro delle scelte dell’intero Governo, significa che la strategia e le conseguenti scelte operative, devono essere condivise dal ministro dei Beni Culturali con quello dello Sviluppo, del Welfare, della Istruzione e ricerca, degli Esteri e con il Presidente del Consiglio. Inoltre il ministero dei Beni Culturali e del paesaggio dovrebbe agire in stretta coordinazione con quelli dell’Ambiente e del Turismo
Non si tratta solo di una razionalizzazione di risorse e competenze, ma dell’assunzione di responsabilità condivise per lo sviluppo. Responsabilità né marginali né rinviabili. Se realisticamente una vera integrazione degli obiettivi sembra difficile date le strutture relative di potere di ogni ministero e la complessità di azione propria dei ministeri stessi, tuttavia questo non deve diventare un alibi per l’inazione. Al contrario: esso deve imprimere il senso della necessità di favorire ogni forma di sperimentazione possibile che vada nella direzione di una cooperazione tra ministeri, oltre che ripristinare i necessari collegamenti tra Nord e Sud, tra centro e periferie. Si tratta di promuovere il funzionamento delle istituzioni mediante la loro leale cooperazione, individuando e risolvendo i conflitti a livello normativo (per esempio i conflitti Stato-Regioni per le norme su ambiente e paesaggio

4. L’arte a scuola, il merito e la cultura scientifica
È importante anche che l’azione pubblica contribuisca a radicare a tutti i livelli educativi, dalle elementari all’università, lo studio dell’arte e della storia per rendere i giovani i custodi del nostro patrimonio, e per poter fare in modo che essi ne traggano alimento per la creatività del futuro. Per studio dell’arte si intende l’acquisizione di pratiche creative e non solo lo studio della storia dell’arte. Ciò non significa rinunciare alla cultura scientifica, che anzi deve essere incrementata e deve essere considerata, in forza del suo costitutivo antidogmatismo, un veicolo prezioso dei valori di fondo che contribuiscono a formare cittadini e consumatori dotati di spitito critico e aperto. La dicotomia tra cultura umanistica e scientifica si è rivelata infondata proprio grazie a una serie di studi cognitivi che dimostrano che i ragazzi impegnati in attività creative e artistiche sono anche i più dotati in ambito scientifico
Una cultura del merito deve attraversare tutte le fasi educative, formando i nuovi cittadini all’accettazione di precise regole per la valutazione dei ricercatori e dei loro progetti di studio. Non manca il merito, nei percorsi italiani di formazione. Lo dimostra il crescente successo di giovani educati in Italia che trovano impiego nelle più prestigiose università di ricerca in tutto il mondo. Ma finché non riusciremo ad attrarre altrettanti “cervelli” dall’estero, questo saldo passivo dissanguerà la nostra scienza e la nostra economia. È necessario, riguardo a ognuno degli aspetti trattati, creare le condizioni per una reale complementarità tra investimento pubblico e intervento dei privati, che abbatta anche questa falsa dicotomia. È la mancata centralità della cultura per lo sviluppo che ha portato a normative fiscali incoerenti e inefficaci

5. Merito, complementarità pubblico-privato, sgravi ed equità fiscale
La complementarità pubblico/privato, che implica una forte apertura all’intervento dei privati nella gestione del patrimonio pubblico, deve divenire cultura diffusa e non presentarsi solo in episodi isolati. Può nascere solo se non è pensata come sostitutiva dell’intervento pubblico, ma fondata sulla condivisione con le imprese e i singoli cittadini del valore pubblico della cultura. Si è osservato in questi anni che laddove il pubblico si ritira anche il privato diminuisce in incisività, mentre politiche pubbliche assennate hanno un forte potere motivazionale e spingono anche i privati a partecipare alla gestione della cosa pubblica. Provvedimenti legislativi a sostegno dell’intervento privato vanno poi ulteriormente sostenuti attraverso un sistema di sgravi fiscali (in molti paesi persino il biglietto per un museo o un teatro è detraibile). Misure di questo genere ben si armonizzano con l’attuale azione di contrasto all’evasione a favore di un’equità fiscale finalizzata a uno scopo comune: il superamento degli ostacoli allo sviluppo del paese.

PIANO REGIONALE DELLE SALE CINEMATOGRAFICHE

Perchè tanta fretta nella revoca della delibera di approvazione?

Pochi giorni fa rispondendo in Consiglio regionale ad una mia interrogazione urgente riguardante i tempi per l’approvazione definitiva del Piano regionale per le sale cinematografiche previsto dalla L.R. 21/2006 l’assessore alla cultura Elio De Anna aveva preannunciato l’intenzione della Giunta di revocare la delibera che dava il via libero definitivo al Piano e già approvata ancora nella seduta del 22 novembre 2011. A giustificazione di questa grave decisione, grave perché questa approvazione si stava trascinando oramai da molti anni, l’Assessore aveva fatto riferimento alle recenti norme governative riguardanti le “disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” contenute nel recentissimo decreto legge 24 gennaio 2012, n.1. Norme che, nel nome della libera concorrenza, vietano ogni tipo di restrizione e limitazione alle attività economiche e commerciali. Una decisione quindi ispirata ad una prudente cautela e alla necessità di attendere in particolare l’esito parlamentare del decreto legge presentato dal governo Monti sulle liberalizzazioni.
Quello che invece non si capisce è il perché di tanta fretta nel revocare questa benedetta delibera. La Giunta regionale forse non sapeva che su iniziativa del ministro per i Beni e le Attività Culturali, Lorenzo Ornaghi lo scorso 3 febbraio, era stato chiesto – ed ottenuto – lo stralcio del provvedimento relativo all’apertura di nuove sale cinematografiche al di sotto di 3.000 posti? Una necessità finalizzata ad una pausa di approfondimento per ascoltare le valutazioni di tutte le parti interessate a favorire uno sviluppo armonico e condiviso del settore cinematografico.
Si tratta evidentemente di una eventualità assai remota per chi conosce la grande competenza legislativa del Segretariato Generale della Giunta Tondo che ha invocato per primo la revoca di questa delibera.
La risposta a questa domanda, forse, dovremo cercarla nelle considerazioni “fuori sacco” espresse a ruota libera in aula dall’Assessore Elio De Anna il quale dopo la risposta ufficiale alla mia interrogazione ha rivelato l’esistenza di un accordo di programma stipulato il 19 ottobre 2006 fra la Regione dall’allora assessore alla pianificazione Lodovico Sonego, i Comuni di Villesse e Romans d’Isonzo e l’Elena S.r.l.  per la realizzazione di un Parco Commerciale in comune di Villesse. Un parco commerciale dove fra i tanti negozi, ristoranti, ecc. sono previste anche “attività ricreative e sportive per il tempo libero come cinematografi, palestre, centri benessere, piscine, centri per l’abbronzatura, etc.”. Accordo che, se venisse approvato l’attuale Piano regionale delle sale cinematografiche, rischierebbe di essere messo in discussione lì dove si prevedeva la realizzazione di un complesso multiplex: questo perchè il coefficiente della Provincia di Gorizia (legato al rapporto fra popolazione residente e numero di posti) risulta essere già saturato. Quindi niente nuovi schermi nel Goriziano salvo quelli previsti in deroga per le sale con non più di 800 posti.
D’altra parte è altrettanto vero – e la ricerca commissionata da Transmedia spa  sta lì a dimostrarlo – che se venisse realizzato un nuovo multiplex a Villesse (7 schermi) nel giro di poco tempo i due storici complessi Kinemax di Gorizia (3 schermi) e Monfalcone (5 schermi) saranno costretti a chiudere i battenti lasciando le due città del goriziano senza sale cinematografiche. Il bacino di utenza, infatti, è quello che è e la situazione di stasi del mercato cinematografico in Italia non cresce, anzi, l’anno scorso ha perso quasi il 15% degli spettatori. Assisteremo pertanto all’ennesimo processo di cannibalizzazione dove il più grande si mangia il più piccolo: si tratta dello stesso rapporto che esiste nel commercio, e che ben conosciamo, fra piccola e grande distribuzione. Un fenomeno gia osservato in molte città italiane negli ultimi anni.
Il Piano, di cui tutte le regioni comunque devono dotarsi obbligatoriamente, doveva servire a garantire un equilibrio armonico ed equilibrato fra i grandi complessi multiplex e le piccole e medie sale dei centri storici veri presidi culturali e sociali di centri città sempre più desertificati dallo sviluppo incontrollato dei mega centri commerciali.
La Regione Friuli Venezia Giulia non può sottrarsi a questa precisa responsabilità.
Io penso che le piccole sale di città siano una risorsa da salvaguardare, in quanto non semplici attività commerciali, ma veri e propri presidi di cultura, elemento fondante dell’identità della nostra regione. Per fortuna non sono l’unico a pensarla in questo modo: basterà ricordare l’ordine del giorno approvato dall’intero Consiglio regionale lo scorso 28 luglio 2011 e sottoscritto trasversalmente dai consiglieri regionali Gaetano Valenti (PDL), Giorgio Brandolin (PD), Federico Razzini (LEGA NORD), Franco Brussa (PD), Roberto Antonaz (RIFONDAZIONE) e Piero Colussi (CITTADINI – LIBERTA’ CIVICA). Qualche cosa vorrà pur dire. O no?

Piero Colussi Consigliere regionale Cittadini-Libertà Civica

TAGLIO DI 4 MILIONI DI EURO ALLA CULTURA IN FVG

La Finanziaria regionale del 2012 ridurrà i fondi al settore della cultura. Lo denuncia il centro–sinistra, che già durante
l’iter in commissione aveva chiesto chiarimenti all’assessore alla cultura Elio De Anna. «Mancano 4 milioni ai fondi per la cultura nella Finanziaria all’esame del consiglio regionale» Continua a leggere