04/04/2012

Ricordate Patelli? E’ stato il primo, storico cassiere della Lega Nord, accusato nei primi anni ’90 da Di Pietro di aver preso 200 milioni per il suo partito . Quel Patelli che oggi confessa:«Io sono uscito dalla Lega nel 1997, quando smisi di fare il consigliere regionale per dissidi con il gruppo. Certo, vedere che oggi i soldi sono investiti all’estero – spiega a proposito del denaro investito in Tanzania e nel Nord Europa – mi sembra il contrario del radicamento sul territorio e dell’interesse per le proprie regioni di appartenenza». La Lega è molto cambiata, prosegue, «è ormai in doppio petto, romanizzata. La Lega che ho nel cuore è quella delle origini, dove si protestava senza preoccuparsi delle conseguenze». Oggi manca «un progetto», sottolinea, «è rimasta solo la secessione e la Padania, concetti che non ho mai condiviso».
Ricordate Scilipoti? Il campione del mercanteggiamento parlamentare che sostiene di avere il dna di Mussolini, passato dal Psdi all’IDV per finire poi , folgorato da Berlusconi, nel Gruppo Misto?
E Lusi, tesoriere della fu Margherita, oggi senatore PD, che si è impadronito di 20 milioni di euro del partito per fini personali? E Belsito? L’attuale tesoriere della Lega Nord accusato di aver portato i soldi del finanziamento pubblico all’estero e di averli utilizzati anche per mantenere la famiglia Bossi?
Ma non erano i padani che, in piena Tangentopoli, sventolavano in Parlamento il cappio contro i politici tangentisti? Non erano proprio loro i più severi tra i severi nei confronti degli affari e del malaffare dentro il potere e il sotto-potere? Quella era la Lega archeologica, oggi c’è questa Lega, la Lega di Boni e Belsito che, se hanno ragione i pm, rappresentano l’ultima incarnazione di una mutazione cominciata in realtà fin dall’inizio.
Sono nomi che si rincorrono in queste settimane in cronaca nazionale e che segnano la fine della c.d. “seconda repubblica” per lasciare il posto ad un “nuovo” non ancora precisato.
Il berlusconismo ha caratterizzato la cosiddetta (e presunta) seconda repubblica: il leader è il padrone del partito, nomina i parlamentari e guai a chi si ribella. Un modello al quale tutti si sono adeguati, la Lega come l’Italia del Valori, l’Udc come anche Sel e il partito di Fini. Ma anche, in parte, il PD.
Partiti che, negli anni del “porcellum”, sono diventati dei monoliti immutabili, dove non c’è ricambio della classe dirigente e dove la democrazia interna non è più di casa. A differenza di quel che avviene nelle altre democrazie occidentali, da noi il partito non ha agito come una macchina per selezionare e sostenere il leader ma è stato lo stesso leader a creare il partito, a fornirgli regole e valori, identità e organizzazione, legando indissolubilmente il destino della sua creatura al proprio.
Cosa verrà dunque dopo il ventennio berlusconiano?
Di certo, non aiutano a dare una risposta le scelte contraddittorie, furbesche e confuse fatte a livello locale in vista delle elezioni amministrative del 6 maggio che confermano, una volta di più, la caduta verticale di credibilità degli attuali leaders e dei rispettivi partiti.
C’è stata la fioritura straordinaria di pseudo – liste civiche; liste dietro le quali tentare di pararsi, scelta disperata dei partiti e di vecchi notabili nel tentativo di scacciare l’antipolitica e recuperare una nuova legittimazione.
La fine politica di Berlusconi decreterà, nonostante tutti i tentativi in atto, la fine del partito del predellino e, con essa, anche la fine dell’attuale, sgangherato sistema.
E’ in questo scenario che anche noi, in Friuli Venezia Giulia, ci avviamo al voto amministrativo di maggio e, soprattutto, al voto per l’elezione del nuovo Consiglio regionale nella primavera del 2013. Con un sistema elettorale che, paradossalmente, favorirà la conservazione di un assetto bipolare ormai decotto perchè decotti sono i suoi leaders e sono venuti meno gli stessi ruoli – guida dei due maggiori partiti.
Come a Roma, infatti, anche in Friuli Venezia Giulia è fortemente avvertita la necessità di un cambiamento della legge elettorale per farne uno strumento più coerente con i mutamenti in atto nella stessa società regionale. Quello che abbiamo davanti è, infatti, uno scenario che non sa o non vuole fare i conti con una società in continua, tumultuosa evoluzione dove la differenza potrebbe essere fatta dal non-voto, dalla scelta di tanti, tantissimi cittadini di disertare le urne, delusi, forse anche schifati dall’ incapacità a cambiare della partitocrazia e dalla sua protervia nella difesa dello status quo.
C’è però da dire che per noi Cittadini, la Lista Civica per antonomasia, per noi che crediamo nella partecipazione democratica, è desolante restare a guardare i politici di professione fare e disfare a proprio piacimento. Noi abbiamo testimoniato e abbiamo creduto che la politica non è un affare di pochi. Noi continuiamo a pensare che la politica sia un servizio pubblico.
E’ proprio considerando questo difficile quadro di riferimento che in alcuni Comuni chiamati al voto il 6 maggio prossimo, i rappresentanti di un movimento civico che ha contrastato negli ultimi anni – e contrasta tuttora –  la deriva partitocratica e la restaurazione a tutti i livelli, hanno deciso di marcare ancora una volta la loro diversità, di respingere ogni idea di riflusso o abbandono per tenere alta la bandiera del civismo e della libertà e per rappresentare nelle Istituzioni il libero pensiero dei cittadini che non si riconoscono nel sistema di potere dei partiti e vogliono continuare a dare il loro contributo al buongoverno delle comunità locali.
La presenza dei nostri uomini e delle nostre liste, da soli o in coalizione, segna il nuovo inizio di un percorso che riaffermerà l’indispensabilità di una presenza organizzata delle liste e dei movimenti che nascono dal basso, dalla società civile, per la costruzione di una nuova stagione della democrazia e della partecipazione popolare e giovanile alla vita dei nostri Comuni oggi, della Regione domani.
E’ ancora da noi Cittadini, quindi, dalla nostra anomalia e disobbedienza civica che può partire il cambiamento e per far questo non dobbiamo delegare più agli altri le scelte per il governo delle nostre comunità. Abbiamo il dovere del coraggio, di farci avanti e di presentare, come nostri amici hanno fatto in alcuni Comuni, “la” lista civica alle prossime elezioni regionali. Beninteso, cercando, se possibile, di convergere su candidati credibili e su un ampio programma di riforme strutturali, da quella delle autonomie locali a quella, più articolata, del sistema-regione per andare oltre il neocentralismo regionale e realizzare un compiuto federalismo municipale. Per concorrere a disegnare il nuovo Governo dell’Autonomia.
Con una Lista Civica vera. Una Lista libera, dalla parte dei cittadini. Per dare diritto di cittadinanza alla “libertà civica”.

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