QUALE FUTURO PER IL CONSULTORIO FAMILIARE DI PORDENONE?

Rispondendo all’interrogazione a risposta immediata presentata dal consigliere regionale Piero Colussi (Cittadini-Libertà Civica) nei giorni scorsi sull’ipotesi di riorganizzazione dei servizi territoriali del distretto sanitario di Pordenone ed in particolare sul rischio di dispersione del Consultorio familiare, oggi in aula l’assessore regionale Elio De Anna, che sostituiva il presidente Renzo Tondo impegnato a Roma, ha affermato che l’attività del consultorio non verrà smembrata e che verrà spostata in via De Paoli dove oggi opera il Centro di Salute Mentale.
Riguardo poi l’ipotesi suggerita dallo stesso consigliere Colussi e sollecitata anche dai sindaci dei comuni del distretto urbano (Pordenone, Porcia, Cordenons e Roveredo in Piano) di utilizzare per ospitare questi servizi il secondo piano del padiglione G dell’Ospedale Civile, la Giunta regionale ha riferito che tale ipotesi è stata valutata già nel corso del 2010 dalle due aziende pordenonesi, ma che non è stata ritenuta praticabile per i costi relativi ai necessari lavori di sistemazione. Costi valutati in diverse centinaia di migliaia di euro.
Piena condivisione, invece, è stata espressa dal consigliere Colussi in merito alla decisione di collocare il Centro di Salute Mentale in via Montereale a fianco dell’attuale sede del Centro 24 ore così come richiede il Piano Socio Sanitario Regionale.
Riguardo infine il destino del Dipartimento di Neuropsichiatria Infantile, oggi ospitato in maniera del tutto inadeguata – causa le barriere architettoniche esistenti – in un condominio di via Oberdan, sembrerebbe che l’ipotesi più probabile sia quella di un ritorno a Villa Carinzia dove un tempo era operativo il CASP di proprietà della Provincia di Pordenone.
I nodi non sono ancora tutti sciolti e sono in corso – a quanto sembra – ulteriori verifiche: l’ipotesi illustrata sembra però scongiurare quella sciagurata idea di smembramento del Consultorio Familiare.

 

Noi vogliamo…Duino Aurisina comune virtuoso

Nell’ottica delle nostre iniziative politiche in seno al programma elettorale che abbiamo presentato, la lista civica “Libertà Civica” intende promuovere il Comune di Duino Aurisina – primo nella nostra Provincia – tra i cosiddetti “comuni virtuosi” certificati ISO 50001, quelli cioè che si impegnano ad ottenere un sensibile miglioramento nella gestione dell’energia, attraverso un’attenta programmazione e la messa in opera di tutta una serie di interventi finalizzati a tale scopo. Ne sono un fulgido esempio molto recente i comuni diMoneglia (provincia di Genova) e di Montaione (provincia di Firenze).

 

Per fare ciò si passa attraverso il cosiddetto Patto dei Sindaci, il progetto dell’Unione Europea che coinvolge le amministrazioni locali nel raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto o, meglio ancora, dell’obiettivo noto come “20/20/20” – approvato dal Parlamento Europeo a fine 2009 –, ovverosia ridurre del 20% delle emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili entro l’anno 2020. Una sfida certamente ambiziosa, ma siamo già nel 2012 e le maggiori e più incisive attività in tal senso vanno inderogabilmente realizzate nel prossimo quinquennio, per non restare troppo indietro, ma soprattutto perché c’è il tempo sufficiente per cambiare leggermente rotta, qualora una delle tante strade scelte si rivelasse inadeguata.

I comuni firmatari del Patto dei Sindaci – decisione che viene presa del Consiglio Comunale – si impegnano a ridurre le emissioni di CO2 di più del 20% entro il 2020 attraverso l’efficienza energetica e azioni di promozione dell’energia rinnovabile; va costruito un opportuno sistema di gestione energetica del patrimonio immobiliare comunale e dell’illuminazione pubblica, ma è anche necessario realizzare un’adeguata pianificazione e regolamentazione di tutte le attività sul territorio, atta al monitoraggio ed alla riduzione dei consumi energetici (e conseguentemente delle emissioni di gas serra).

Nel percorso ci si avvale di un attivo supporto tecnico-logistico sia da parte della relativa Commissione Europea, sia dagli altri Comuni che già fanno parte del progetto, ma anche dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), soprattutto in merito alle fasi più delicate, consistenti nella preparazione dell’inventario di base delle emissioni su scala locale, del piano di azione per l’energia sostenibile e delle procedure di contabilità ambientale.

A tutt’oggi dei circa 8.000 comuni italiani, sono circa 1.300 quelli che hanno aderito al Patto, ancora nessuno di quelli della Provincia di Trieste.

Secondo noi è un passo da fare, perché oltre a risultati praticamente immediati in fatto di risparmio energetico (ed economico) e di riduzione delle emissioni inquinanti, vi sarebbero notevoli ricadute dal punto di vista dei benefici alla salute pubblica, oltre che occupazionali.

NUOVE NORME PER LE NOMINE NELLE SOCIETÀ DELLA REGIONE

In occasione dell’avvio dell’esame del disegno di legge 131 sul riordino e la disciplina della partecipazione della Regione in società di capitali, il consigliere dei Cittadini-Libertà Civica Piero Colussi ha chiesto l’abbinamento della proposta di legge n. 7 presentata l’11 giugno 2008 assieme ai colleghi Alunni Barbarossa, Agnola e Corazza concernente “Nuova disciplina delle nomine di competenza regionale”.
La proposta di legge, oltre ad ampliare concretamente la platea delle persone che possono aspirare a una nomina, consente al Consiglio regionale, alla Giunta regionale e alla Giunta per le nomine, che conservano la responsabilità di assumere le decisioni, di disporre di migliori, più omogenei e congrui elementi di valutazione delle professionalità e delle competenze e di indicazioni oggettive sulla misura dei compensi.
Nel dettaglio, gli elementi che caratterizzano la legge sono:
– la pubblicazione entro il 30 ottobre di ogni anno dell’elenco delle nomine che saranno effettuate nell’anno successivo;
– la possibilità per ogni cittadino che ritiene di avere requisiti, appartenga o meno a un partito, di proporsi per un incarico presentando il proprio curriculum secondo un modello uniforme;
– la non cumulabilità degli incarichi;
– il limite massimo di due mandati;
– la costituzione di un’Autorità di garanzia alla quale è affidato il compito di:
esaminare i curricula;
predisporre l’ elenco dei candidati idonei;
fornire all’organo deputato alla nomina indicazioni sulla misura dei compensi per ciascun incarico;
compiere verifiche imparziali sull’operato e sull’efficacia della gestione delle società e degli enti.
La proposta di Legge fornisce inoltre precisi criteri di incompatibilità con le nomine escludendo, ad esempio, i soggetti che hanno riportato condanne, anche non in via definitiva, per reati che prevedono una pena superiore nel massimo a cinque anni, per reati contro la pubblica amministrazione o per reati fiscali.

Chiedendone l’esame abbinato con la legge sulle partecipazioni regionali, Colussi ha dichiarato: ”E’ una proposta di legge presentata nella legislatura precedente dal Gruppo dei Cittadini, un’ eccellente base di partenza per il legislatore regionale perchè rappresenta un passo in avanti in materia di trasparenza. Al pari dei costi della politica, della semplificazione burocratica, del necessario disboscamento delle partecipazioni pubbliche, il tema delle nomine pubbliche rappresenta oggi un tema da trattare con estrema urgenza. E’ importante, infatti, che le nomine non siano più a disposizione esclusiva di chi vive nel palazzo, ma che vengano assegnate secondo criteri di merito anche alle personalità della società civile che dispongano della professionalità adatta».

CONVINTA ADESIONE ALLA PETIZIONE PER UNA SCUOLA REGIONALE FEDERALE

Nel dibattito in consiglio regionale sulla petizione n. 19 “PER UNA SCUOLA REGIONALE FEDERALE, AUTONOMA NELL’ORGANIZZAZIONE, GARANTE DEI DIRITTI DELLA MINORANZA LINGUISTICA FRIULANA” promossa dal Comune di Medea e sottoscritta da oltre 1.000 cittadini, il consigliere Colussi ha dichiarato il voto convintamente positivo del suo Gruppo sui contenuti del documento proposto, ha sottolineato il grande significato della petizione che, nel portare all’attenzione dell’assemblea regionale il tema centrale della scuola e della sua organizzazione in Friuli Venezia Giulia, di fatto indica nella formazione delle nuove generazioni uno dei punti di forza di una strategia di rilancio della nostra specialità.
Per Colussi, inoltre, va percorsa la strada del federalismo scolastico guardando anche a cosa è stato fatto nel vicino Trentino per contrastare la dispersione scolastica e realizzare un nuovo sistema di governance della scuola cui venga riconosciuta, in Friuli Venezia Giulia, autonomia didattica, organizzativa, di ricerca e sperimentazione.”
“Ma da subito– ha concluso Colussi – in Friuli Venezia Giulia devono essere applicate le leggi dello Stato, ivi comprese le norme di favore contenute nel DPR 81/2009 per i Comuni dove è insediata la minoranza linguistica friulana. Cosa che l’Ufficio Scolastico Regionale, sinora, ha colpevolmente disatteso.”

RESPINTA LA PETIZIONE SULL’INCENERIMENTO DEI RIFIUTI

Grave decisione del Presidente del consiglio regionale che ha impedito, violando il regolamento consiliare, il voto in Aula della petizione n. 16 “Sì al riciclo totale, no all’incenerimento dei rifiuti”,presentata da un migliaio di cittadini della pedemontana pordenonese.
Che la maggioranza del consiglio, trasversalmente, non avesse la volontà di confrontarsi sul tema assai delicato del rapporto fra salute ed ambiente era chiaro da tempo, visti i ripetuti  e pretestuosi rinvii della discussione (in Aula).
Oggi i miei timori hanno trovato conferma: sul tema dell’incenerimento dei rifiuti prevale ancora l’idea che non ci siano alternative possibili.

L’accoglimento parziale della petizione trasformata – per iniziativa dei consiglieri Galasso, Sasco, Picco e Moretton –  in un ordine del giorno che si limita ad una generico richiamo ad una corretta politica di gestione dei rifiuti, non può certo soddisfare le legittime aspettative del comitato promotore e di tutti quei cittadini che vivono con grande angoscia l’imminente utilizzo del CDR-Q nell’altoforno del cementificio di Fanna (Pordenone).

NIENTE CULTURA, NIENTE SVILUPPO

Occorre una vera rivoluzione copernicana nel rapporto tra sviluppo e cultura. Da “giacimenti di un passato glorioso”, ora considerati ingombranti beni improduttivi da mantenere, i beni culturali e l’intera sfera della conoscenza devono tornare a essere determinanti per il consolidamento di una sfera pubblica democratica, per la crescita reale e per la rinascita dell’occupazione.

1. Una costituente per la cultura
Cultura e ricerca sono due capisaldi della nostra Carta fondamentale. Le riflessioni programmantiche che proponiamo qui cercano di mettere a punto alcuni elementi «Per una costituente della cultura». L’articolo 9 della Costituzione «promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Sono temi saldamente intrecciati tra loro. Perché ciò sia chiaro, il discorso deve farsi strettamente economico. Niente cultura niente sviluppo. Dove per “cultura” deve intendersi una concezione allargata che implichi educazione, istruzione, ricerca scientifica, conoscenza. E per “sviluppo” non una nozione meramente economicistica, incentrata sull’aumento del Pil, che si è rivelato un indicatore alquanto imperfetto del benessere collettivo e ha indotto, per fare solo un esempio, la commissione mista Cnel-Istat a includere cultura e tutela del paesaggio e dell’ambiente tra i parametri da considerare. La crisi dei mercati e la recessione in corso, se da un lato ci impartiscono una dura lezione sul rapporto tra speculazione finanziaria ed economia reale dall’altro devono indurci a ripensare radicalmente il nostro modello di sviluppo.

2. Strategie di lungo periodo
Se vogliamo davvero ritornare a crescere, se vogliamo ricominciare a costruire un’idea di cultura sopra le macerie che somigliano assai da vicino a quelle da cui è iniziato il risveglio dell’Italia nel secondo dopoguerra dobbiamo pensare a un’ottica di medio-lungo periodo in cui lo sviluppo passi obbligatoriamente per la valorizzazione dei saperi, delle culture, puntando in questo modo sulla capacità di guidare il cambiamento

La cultura e la ricerca innescano l’innovazione, e dunque creano occupazione, producono progresso e sviluppo. La cultura, in una parola, deve tornare al centro dell’azione di governo. Dell’intero Governo, e non di un solo ministero che di solito ne è la Cenerentola. È una condizione per il futuro dei giovani Chi pensa alla crescita senza ricerca, senza cultura, senza innovazione, ipotizza per loro un futuro da consumatori disoccupati, e inasprisce uno scontro generazionale senza vie d’uscita.

Anche la crisi del nostro dopoguerra, a ben vedere, fu affrontata investendo in cultura. Le nostre città, durante quella stagione, sono state protagoniste della crescita, hanno costruito “cittadini”, e il valore sociale condiviso che ne è derivato ha creato una nuova cultura economica.
Ora le sfide paiono meno tangibili rispetto alle macerie del dopoguerra, ma le necessità e la capacità di immaginare e creare il futuro sono ancor più necessarie e non rinviabili. Se oggi quelle stesse città che sono state laboratori viventi sembrano traumatizzate da un senso di inadeguatezza nell’interpretare le nuove sfide, ciò va ascritto a precise responsabilità di governo e a politiche e pratiche decisionali sbagliate Negli ultimi decenni nel nostro paese – a differenza di altri, Francia, Germania, Stati Uniti oltre a economie recentemente “emerse” – è accaduto esattamente l’inverso di ciò che era necessario. Si è affermata la marginalità della cultura, del suo Ministero, e dei Ministeri che se ne occupano (Beni e Attività Culturali e Istruzione, Università e Ricerca) considerati centri di spesa improduttiva, da trattare con tagli trasversali

3. Cooperazione tra i ministeri
Oggi si impone un radicale cambiamento di marcia. Porre la reale funzione di sviluppo della cultura al centro delle scelte dell’intero Governo, significa che la strategia e le conseguenti scelte operative, devono essere condivise dal ministro dei Beni Culturali con quello dello Sviluppo, del Welfare, della Istruzione e ricerca, degli Esteri e con il Presidente del Consiglio. Inoltre il ministero dei Beni Culturali e del paesaggio dovrebbe agire in stretta coordinazione con quelli dell’Ambiente e del Turismo
Non si tratta solo di una razionalizzazione di risorse e competenze, ma dell’assunzione di responsabilità condivise per lo sviluppo. Responsabilità né marginali né rinviabili. Se realisticamente una vera integrazione degli obiettivi sembra difficile date le strutture relative di potere di ogni ministero e la complessità di azione propria dei ministeri stessi, tuttavia questo non deve diventare un alibi per l’inazione. Al contrario: esso deve imprimere il senso della necessità di favorire ogni forma di sperimentazione possibile che vada nella direzione di una cooperazione tra ministeri, oltre che ripristinare i necessari collegamenti tra Nord e Sud, tra centro e periferie. Si tratta di promuovere il funzionamento delle istituzioni mediante la loro leale cooperazione, individuando e risolvendo i conflitti a livello normativo (per esempio i conflitti Stato-Regioni per le norme su ambiente e paesaggio

4. L’arte a scuola, il merito e la cultura scientifica
È importante anche che l’azione pubblica contribuisca a radicare a tutti i livelli educativi, dalle elementari all’università, lo studio dell’arte e della storia per rendere i giovani i custodi del nostro patrimonio, e per poter fare in modo che essi ne traggano alimento per la creatività del futuro. Per studio dell’arte si intende l’acquisizione di pratiche creative e non solo lo studio della storia dell’arte. Ciò non significa rinunciare alla cultura scientifica, che anzi deve essere incrementata e deve essere considerata, in forza del suo costitutivo antidogmatismo, un veicolo prezioso dei valori di fondo che contribuiscono a formare cittadini e consumatori dotati di spitito critico e aperto. La dicotomia tra cultura umanistica e scientifica si è rivelata infondata proprio grazie a una serie di studi cognitivi che dimostrano che i ragazzi impegnati in attività creative e artistiche sono anche i più dotati in ambito scientifico
Una cultura del merito deve attraversare tutte le fasi educative, formando i nuovi cittadini all’accettazione di precise regole per la valutazione dei ricercatori e dei loro progetti di studio. Non manca il merito, nei percorsi italiani di formazione. Lo dimostra il crescente successo di giovani educati in Italia che trovano impiego nelle più prestigiose università di ricerca in tutto il mondo. Ma finché non riusciremo ad attrarre altrettanti “cervelli” dall’estero, questo saldo passivo dissanguerà la nostra scienza e la nostra economia. È necessario, riguardo a ognuno degli aspetti trattati, creare le condizioni per una reale complementarità tra investimento pubblico e intervento dei privati, che abbatta anche questa falsa dicotomia. È la mancata centralità della cultura per lo sviluppo che ha portato a normative fiscali incoerenti e inefficaci

5. Merito, complementarità pubblico-privato, sgravi ed equità fiscale
La complementarità pubblico/privato, che implica una forte apertura all’intervento dei privati nella gestione del patrimonio pubblico, deve divenire cultura diffusa e non presentarsi solo in episodi isolati. Può nascere solo se non è pensata come sostitutiva dell’intervento pubblico, ma fondata sulla condivisione con le imprese e i singoli cittadini del valore pubblico della cultura. Si è osservato in questi anni che laddove il pubblico si ritira anche il privato diminuisce in incisività, mentre politiche pubbliche assennate hanno un forte potere motivazionale e spingono anche i privati a partecipare alla gestione della cosa pubblica. Provvedimenti legislativi a sostegno dell’intervento privato vanno poi ulteriormente sostenuti attraverso un sistema di sgravi fiscali (in molti paesi persino il biglietto per un museo o un teatro è detraibile). Misure di questo genere ben si armonizzano con l’attuale azione di contrasto all’evasione a favore di un’equità fiscale finalizzata a uno scopo comune: il superamento degli ostacoli allo sviluppo del paese.

APPROVATA LA PETIZIONE PROMOSSA DALL’ASSOCIAZIONE CCSVI

La III Commissione consiliare, presieduta da Giorgio Venier Romano ( UDC) ha approvato a maggioranza la petizione promossa dall’Associazione CCSVI (insufficienza venosa cronica cerebro spinale) che chiede il ripristino immediato delle prestazioni di diagnosi e trattamento della CCSVI nei pazienti con sclerosi multipla all’interno del Servizio sanitario e l’avvio di centri di diagnosi e cura per il suo trattamento.
Astenuta Mara Piccin (Lega Nord), l’unico voto contrario è stato quello del consigliere del Pdl Franco Dal Mas, diversamente dal suo Gruppo, e che ha motivato la contrarietà per ragioni procedurali, candidandosi anche come relatore di minoranza per l’Aula. Relatori di maggioranza, invece, saranno Annamaria Menosso e Roberto Novelli (Pdl).
Dalla Commissione la petizione arriverà in Consiglio regionale accompagnata da un ordine del giorno. Una scelta motivata dal fatto che il provvedimento non può essere modificato, può solo essere accolto o respinto. Ed è su questo punto che si sono inserite le osservazioni di Dal Mas sulla procedura. Nell’ordine del giorno la Commissione svilupperà le proprie osservazioni, dopo che un altro ordine del giorno sull’argomento – ha ricordato Venier Romano – era stato presentato dai consiglieri Alunni Barbarossa e Colussi (Cittadini-Libertà Civica) in coda alla Finanziaria e, pur non accolto dalla Giunta, era stato votato e approvato dall’Aula.
A testimoniare l’attenzione al problema e alle istanze dei cittadini le riflessioni sviluppate anche nel dibattito dei consiglieri e nel confronto con il mondo scientifico rappresentato da Roberto Eleopra, direttore del dipartimento di Neuroscienze e SOCneurologia dell’Azienda ospedaliero universitaria di Udine, assieme ad Annapaola Agnolotto, della direzione centrale della salute, che hanno riassunto la situazione regionale alla luce dei documenti ministeriali.
Il Friuli Venezia Giulia ha infatti aderito a due studi sul tema della CCSVI e la sclerosi multipla: uno, di tipo osservazionale, attualmente in corso nel centro di Trieste, basato su 685 pazienti, finalizzato a valutare la correlazione tra la sclerosi e la malformazione vascolare; l’altro, di tipo interventistico, nei centri di Trieste e di Udine, per valutare l’efficacia clinica e la sicurezza dell’intervento di disostruzione delle vene extracraniche nei pazienti con sclerosi multipla e diagnosi di CCSVI, per il quale è già stata avviata la formazione per la diagnostica e che potrebbe essere concluso nell’estate 2013. Al di fuori di questi binari, fare questo tipo di intervento, per la direzione della salute, non è al momento opportuno. Intervento che per altro viene eseguito nel privato.
Le osservazione dei consiglieri hanno sollecitato chiarimenti e approfondimenti scientifici in merito alla sperimentazione e alla ricerca in corso e riguardo le terapie farmacologiche, i rischi, le aspettative dei pazienti, ma anche sulle soluzioni adottate altrove. In un modo o nell’altro, da Lupieri, Menosso e Codega (PD) a Colussi (Citt), Agnola (Idv), Pustetto (SA-SEL) e Novelli (Pdl), i consiglieri hanno evidenziato il giudizio di valore politico a cui la petizione richiama. Occorre prendere atto della realtà, non creare false illusioni intorno a un tipo di intervento i cui vantaggi non sono scientificamente validati ma che pure risulta a basso rischio, e valutare pertanto la possibilità di cogliere questa opportunità

NON PIÙ TOLLERABILI I BLACK OUT INFORMATICI NEL SETTORE SANITARIO

Purtroppo ciò che è accaduto lunedì 14 febbraio negli Ospedali ed Aziende sanitarie della nostra Regione è solo la punta dell’iceberg di una serie di disservizi informatici che, come più volte denunciato dagli stessi responsabili delle strutture sanitarie, hanno un preoccupante tasso di ripetitività.
Credo comunque che il caso specifico, un vero e proprio black out informatico di una giornata protrattosi in parte anche nella giornata successiva, dovrà essere adeguatamente motivato.
A questo proposito ho presentato un’interpellanza urgente alla Giunta regionale.
Visto che la Regione deve esercitare su Insiel, società in house regionale, un controllo analogo a quello che esercita sui propri Servizi, vorrei sapere dalla Regione se corrisponda al vero la versione fornita da Insiel. E se, come dice l’Azienda, un così pesante black out è derivato da un programmato adeguamento software, vorrei sapere per quali ragioni non vi sia stata la capacità di organizzare per tempo un presidio adeguato a tutela dell’utenza, che avrebbe ben potuto essere preventivamente informata in merito a possibili disservizi.
Nonostante il lunedì rappresenti notoriamente una giornata ad alta intensità di prestazioni, in assenza di qualsiasi comunicazione preventiva, i cittadini hanno dovuto rinunciare alle ordinarie attività di prenotazione visite ad esami, pagamento ticket, acquisizione referti.
Per queste ragioni ho ritenuto opportuno chiedere alla Regione di avviare, ai sensi dell’articolo 8 della legge regionale 9/2011, adeguate azioni di vigilanza nei confronti di Insiel.

Piero Colussi Consigliere regionale Cittadini-Libertà Civica

PIANO REGIONALE DELLE SALE CINEMATOGRAFICHE

Perchè tanta fretta nella revoca della delibera di approvazione?

Pochi giorni fa rispondendo in Consiglio regionale ad una mia interrogazione urgente riguardante i tempi per l’approvazione definitiva del Piano regionale per le sale cinematografiche previsto dalla L.R. 21/2006 l’assessore alla cultura Elio De Anna aveva preannunciato l’intenzione della Giunta di revocare la delibera che dava il via libero definitivo al Piano e già approvata ancora nella seduta del 22 novembre 2011. A giustificazione di questa grave decisione, grave perché questa approvazione si stava trascinando oramai da molti anni, l’Assessore aveva fatto riferimento alle recenti norme governative riguardanti le “disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” contenute nel recentissimo decreto legge 24 gennaio 2012, n.1. Norme che, nel nome della libera concorrenza, vietano ogni tipo di restrizione e limitazione alle attività economiche e commerciali. Una decisione quindi ispirata ad una prudente cautela e alla necessità di attendere in particolare l’esito parlamentare del decreto legge presentato dal governo Monti sulle liberalizzazioni.
Quello che invece non si capisce è il perché di tanta fretta nel revocare questa benedetta delibera. La Giunta regionale forse non sapeva che su iniziativa del ministro per i Beni e le Attività Culturali, Lorenzo Ornaghi lo scorso 3 febbraio, era stato chiesto – ed ottenuto – lo stralcio del provvedimento relativo all’apertura di nuove sale cinematografiche al di sotto di 3.000 posti? Una necessità finalizzata ad una pausa di approfondimento per ascoltare le valutazioni di tutte le parti interessate a favorire uno sviluppo armonico e condiviso del settore cinematografico.
Si tratta evidentemente di una eventualità assai remota per chi conosce la grande competenza legislativa del Segretariato Generale della Giunta Tondo che ha invocato per primo la revoca di questa delibera.
La risposta a questa domanda, forse, dovremo cercarla nelle considerazioni “fuori sacco” espresse a ruota libera in aula dall’Assessore Elio De Anna il quale dopo la risposta ufficiale alla mia interrogazione ha rivelato l’esistenza di un accordo di programma stipulato il 19 ottobre 2006 fra la Regione dall’allora assessore alla pianificazione Lodovico Sonego, i Comuni di Villesse e Romans d’Isonzo e l’Elena S.r.l.  per la realizzazione di un Parco Commerciale in comune di Villesse. Un parco commerciale dove fra i tanti negozi, ristoranti, ecc. sono previste anche “attività ricreative e sportive per il tempo libero come cinematografi, palestre, centri benessere, piscine, centri per l’abbronzatura, etc.”. Accordo che, se venisse approvato l’attuale Piano regionale delle sale cinematografiche, rischierebbe di essere messo in discussione lì dove si prevedeva la realizzazione di un complesso multiplex: questo perchè il coefficiente della Provincia di Gorizia (legato al rapporto fra popolazione residente e numero di posti) risulta essere già saturato. Quindi niente nuovi schermi nel Goriziano salvo quelli previsti in deroga per le sale con non più di 800 posti.
D’altra parte è altrettanto vero – e la ricerca commissionata da Transmedia spa  sta lì a dimostrarlo – che se venisse realizzato un nuovo multiplex a Villesse (7 schermi) nel giro di poco tempo i due storici complessi Kinemax di Gorizia (3 schermi) e Monfalcone (5 schermi) saranno costretti a chiudere i battenti lasciando le due città del goriziano senza sale cinematografiche. Il bacino di utenza, infatti, è quello che è e la situazione di stasi del mercato cinematografico in Italia non cresce, anzi, l’anno scorso ha perso quasi il 15% degli spettatori. Assisteremo pertanto all’ennesimo processo di cannibalizzazione dove il più grande si mangia il più piccolo: si tratta dello stesso rapporto che esiste nel commercio, e che ben conosciamo, fra piccola e grande distribuzione. Un fenomeno gia osservato in molte città italiane negli ultimi anni.
Il Piano, di cui tutte le regioni comunque devono dotarsi obbligatoriamente, doveva servire a garantire un equilibrio armonico ed equilibrato fra i grandi complessi multiplex e le piccole e medie sale dei centri storici veri presidi culturali e sociali di centri città sempre più desertificati dallo sviluppo incontrollato dei mega centri commerciali.
La Regione Friuli Venezia Giulia non può sottrarsi a questa precisa responsabilità.
Io penso che le piccole sale di città siano una risorsa da salvaguardare, in quanto non semplici attività commerciali, ma veri e propri presidi di cultura, elemento fondante dell’identità della nostra regione. Per fortuna non sono l’unico a pensarla in questo modo: basterà ricordare l’ordine del giorno approvato dall’intero Consiglio regionale lo scorso 28 luglio 2011 e sottoscritto trasversalmente dai consiglieri regionali Gaetano Valenti (PDL), Giorgio Brandolin (PD), Federico Razzini (LEGA NORD), Franco Brussa (PD), Roberto Antonaz (RIFONDAZIONE) e Piero Colussi (CITTADINI – LIBERTA’ CIVICA). Qualche cosa vorrà pur dire. O no?

Piero Colussi Consigliere regionale Cittadini-Libertà Civica

A QUANDO L’APPROVAZIONE DEL NUOVO PIANO ONCOLOGICO REGIONALE?

Con una interpellanza depositata oggi il consigliere regionale Piero Colussi interroga l’Assessore regionale alla salute Renzo Tondo per conoscere i motivi del ritardo nella presentazione del nuovo Piano Oncologico Regionale la cui predisposizione era stata annunciata ancora nel Piano Socio-Sanitario Regionale 2010-2012 dall’Assessore Vladimir Kosic. In particolare si chiede quale sia lo stato di avanzamento del lavoro di predisposizione del documento, quale sia lo struttura organizzativa impegnata nella sua redazione e quali i tempi per la sua definitiva approvazione.
La recente pubblicazione dei dati rilevati dal gruppo di lavoro del Registro Tumori del Friuli Venezia Giulia diretto dal dott. Diego Serraino presso il CRO di Aviano confermano che la nostra regione detiene il maggior tasso di incidenza di malattie neoplastiche in Italia. Pur sottolineando i risultati incoraggianti emersi dall’analisi dei dati di sopravvivenza relativo alle persone con diagnosi di tumore, non possiamo non interrogarci sui motivi di questo preoccupante primato e, soprattutto, quali azioni di politica sanitaria e non solo, sia necessario mettere in atto per affrontare sempre meglio questa drammatica situazione.
Il primo Piano Oncologico Regionale fu presentato nel 1998 dall’allora Assessore alla sanità Giampiero Fasola e non vi è dubbio che molti degli obiettivi inseriti in quel Piano siano stati raggiunti, come documenta anche il Report delle attività novembre-dicembre 2010 redatto dalla direzione centrale della salute e intitolato “Dal PSSR 2010-2012 al 2° Piano regionale delle malattie oncologiche”.
D’altro canto lo stesso Report metteva in luce come “tra gli obiettivi del POR 1998 non attuati o attuati solo in parte si evidenziavano: la realizzazione dei dipartimenti di area vasta, l’intervento nell’area della prevenzione primaria, la strutturazione di servizi di consueling genetico, l’evoluzione dei sistemi informativi (interconnessione del sistema, estrazione periodica di dati utili, risk management), il coinvolgimento degli MMG per la continuità assistenziale, la diffusione di modelli positivi di assistenza extra-ospedaliera (ADI, Hospice…), lo sviluppo del coordinamento regionale dell’attività di ricerca.” Nel documento era già stata individuata la data del 25 marzo 2011 per lo svolgimento degli Stati generali dell’Oncologia e a seguire l’approvazione del Piano regionale.
A ben vedere si tratta di un’analisi accurata e consapevole di quanto ancora ci sia da fare nella nostra regione per migliorare il sistema della prevenzione e delle cure di questa importante patologia. Crediamo sia arrivato il momento in cui la Giunta regionale si scuota dal torpore in cui sembra adagiata e provveda a licenziare questo importante documento di programmazione sanitaria. Continuare a sostenere che la sanità della nostra regione è una eccellenza riconosciuta da tutti e che tutto va bene, evidentemente non basta più.

Piero Colussi Consigliere regionale Cittadini-Libertà Civica

In allegato la relazione aggiornata del Dr. Gustavo Mazzi

L’OSPEDALE DI PORDENONE NON PUÒ PERDERE IL DOTT. RUGGERO MELE

La notizia dell’intenzione del dott. Ruggero Mele – responsabile dell’unità operativa di chirurgia della mano  dell’Azienda Ospedaliera Pordenonese – di andare in pensione anzitempo ci ha colto tutti di sorpresa. Le qualità e le capacita di questo medico – specializzato nella chirurgia della mano – le conosciamo ed apprezziamo da tempo: la stessa Regione ha riconosciuto fin dal 1999 a questo reparto la funzione di rilievo regionale. Funzioni che a Pordenone sono riconosciute – ahimè – per pochissime specialità. Perdere questa significherebbe depauperare ulteriormente  la capacità di attrazione e la qualità dell’offerta sanitaria dell’Azienda Ospedaliera.
Non conosco i motivi del disagio attualmente esistente fra il dott. Mele e la direzione dell’ospedale; auspico solo che il direttore generale Luciano Zanelli faccia il possibile – e magari l’impossibile – per far cambiare idea al nostro chirurgo.
Una soluzione diversa rappresenterebbe una sconfitta per tutti.
Piero Colussi
Consigliere regionale “Cittadini-Libertà Civica”

PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE UFFICI POSTALI LA REGIONE ISTITUISCA UN TAVOLO DI CONCERTAZIONE

“Interrogazione da parte del capogruppo ALUNNI BARBAROSSA”
premesso che il servizio postale riveste anche un importante ruolo sociale e che perciò sarebbe necessario che l’Amministrazione regionale fosse informata dei programmi di riorganizzazione del servizio che incidono sulla quantità e qualità dello stesso;
considerato che, nonostante le proteste dell’ANCI, dei sindaci dei comuni interessati e dei sindacati, è appena divenuta operativa la nuova fase della riorganizzazione di Poste Italiane in Friuli Venezia Giulia. che ha determinato la chiusura di diciotto uffici postali e la riduzione delle aperture in altri venticinque uffici sul territorio regionale;
atteso che la riorganizzazione di questi giorni rischia di essere solo la prima fase di una ristrutturazione ancora in corso e potremmo ritrovarci dunque, tra pochi mesi, con altri sportelli costretti improvvisamente a chiudere;
considerata la necessità di intraprendere tutti i passi necessari affinché ogni ipotesi di razionalizzazione della rete postale, per le sue implicazioni sulla quotidianità dei nostri corregionali, venga concordata non solo con le organizzazioni sindacali, ma con la stessa Regione e gli Enti Locali,
interroga
la Giunta regionale per sapere se non ritenga necessario istituire urgentemente un tavolo di concertazione tra Poste Italiane da un lato e Regione, Comuni ed organizzazioni sindacali dei lavoratori dall’altro, così da consentire un confronto con le reali esigenze del territorio ed evitare che la chiusura di un servizio al pubblico venga calata dall’alto com’è appena accaduto.

Presentata alla Presidenza il 30 gennaio 2012

TUMORI IN FRIULI VENEZIA GIULIA LA REGIONE DIA AVVIO AD UN SERIO STUDIO EPIDEMIOLOGICO

Nei giorni scorsi dopo le notizie pubblicate sulla stampa circa l’alta incidenza dei tumori in Friuli Venezia Giulia ed in particolar modo nella Provincia di Pordenone mi sono recato al CRO di Aviano per chiedere il materiale di documentazione e le necessarie spiegazioni sulla vicenda al dott. Diego Serraino direttore epidemiologia e biostatistica e responsabile del registro regionale dei tumori.
Dal colloquio è emerso che ci sarebbe stato un fraintendimento da parte della stampa circa i dati riportati nel comunicato diffuso dal CRO in occasione della presentazione del rapporto “I tumori in Friuli Venezia Giulia. Dati di incidenza, sopravvivenza e prevalenza: aggiornamento al 2007” pubblicato nel settembre 2011 dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dal Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. Nell’occasione mi sono anche impegnato, vista la delicatezza dell’argomento, a promuovere una urgente audizione in Commissione regionale Sanità così da poter consentire ai ricercatori del CRO di illustrare ai commissari i dati ed i contenuti della ricerca del Registro Tumori del FVG.
Il presidente della III Commissione consiliare Giorgio Venier Romano su sollecitazione del vice Sergio Lupieri ieri ha accolto prontamente tale richiesta convocando i responsabili del Registro Tumori ed i curatori della ricerca in audizione a Trieste per martedì 14 febbraio alle ore 14.30.
Allo stesso tempo, però, sollecitavo il dott. Diego Serraino a rettificare quanto prima  quelle informazioni che, a suo dire, erano state riportate in maniera incompleta dalla stampa e che avevano suscitato tanto allarme nei cittadini.
Onestamente mi aspettavo la convocazione di una conferenza stampa indetta dai vertici del CRO – direttore generale, direttore scientifico – finalizzata ad una corretta informazione su dati così sensibili.
Apprendo dalle agenzie, con una certa sorpresa, che la conferenza stampa è stata invece indetta dal Presidente della Provincia di Pordenone Alessandro Ciriani e che si svolgerà martedì 7 febbraio alle 11 nella sala stampa della stessa, con l’obiettivo di “fornire una precisa lettura dei dati sui tumori in regione e correggere interpretazioni errate e allarmismi ingiustificati”.
Pur apprezzando la preoccupazione del Presidente Ciriani mi meraviglio che i vertici del CRO – che semmai dovrebbero fare riferimento istituzionalmente alla Regione – non abbiano ritenuto urgente e necessario promuovere autonomamente una analoga iniziativa.
Comunque sia rimane da capire perché in Friuli Venezia Giulia “l’incidenza di tumori maligni e la mortalità per neoplasie sono tra le più alte d’Italia. Il tasso di mortalità pari a 42,66 per 10.000 ed è secondo solo a quello della Lombardia.”: lo diceva nel 2009 a pag. 9 l’Assessore regionale alla salute Vladimiro Kosic nel Libro Verde sul futuro del sistema sociosanitario regionale.
Credo che per rassicurare i cittadini su questo punto più che una conferenza stampa sarà necessario avviare un serio studio epidemiologico che dia risposte ai tanti dubbi e alle tante preoccupazioni che questo triste primato assegna alla nostra regione.

Piero Colussi Consigliere regionale Cittadini-Libertà Civica

FVG REGIONE CON LA PIÚ ALTA INCIDENZA DI MALATTIE ONCOLOGICHE IN ITALIA

Confesso che, purtroppo, la notizia pubblicata ieri con grande rilievo, che siamo la regione e la provincia con la più alta incidenza di malattie oncologiche in Italia non mi ha colto di sorpresa.
Gli ultimi dati disponibili all’anno 2007 raccolti dal Registro dei Tumori del Friuli Venezia Giulia affidato al CRO di Aviano sono noti da tempo e personalmente li ho segnalati con grande preoccupazione anche recentemente in occasione della discussione in Consiglio regionale del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti urbani dove evidenziavo la correlazione fra l’incenerimento degli stessi, la produzione di molecole altamente inquinanti (diossine in primis) e le negative conseguenze sulla qualità dell’aria che respiriamo. Mi riferivo, ovviamente, al prossimo utilizzo del CDR-Q nel cementificio di Fanna. Continua a leggere

QUANDO VEDRÀ LA LUCE IL NUOVO ISTITUTO PER I BENI CULTURALI DI VILLA MANIN?

La Regione Friuli Venezia Giulia con l’istituzione nel 1971 del Centro di catalogazione e restauro dei beni culturali con sede a Villa Manin di Passariano è stata da sempre all’avanguardia nel campo della conoscenza e della divulgazione del patrimonio culturale del proprio territorio dotandosi fin da subito di strutture Continua a leggere

TAGLIO DI 4 MILIONI DI EURO ALLA CULTURA IN FVG

La Finanziaria regionale del 2012 ridurrà i fondi al settore della cultura. Lo denuncia il centro–sinistra, che già durante
l’iter in commissione aveva chiesto chiarimenti all’assessore alla cultura Elio De Anna. «Mancano 4 milioni ai fondi per la cultura nella Finanziaria all’esame del consiglio regionale» Continua a leggere

FERMI AL PALO TRE PROGETTI STRATEGICI PER TRIESTE E LA REGIONE

Sarà stato l’effetto dei fischi che il ministro delle Infrastrutture si è beccato dai costruttori esasperati per le tante, troppo promesse non mantenute, fatto sta che il ministro Altero Matteoli ed il suo collega dello Sviluppo economico Paolo Romani hanno protestato vivacemente per i tagli imposti da Giulio Tremonti Continua a leggere